INTERVISTA: Enrico Pompeo, scrittore

Oggi abbiamo con noi Enrico Pompeo, autore de Il drago, il custode, lo straniero, Edizioni Creativa, romanzo di cui abbiamo già avuto modo di parlare in un precedente post.

L'autore
Ciao Enrico e benvenuto!
Insegnante e scrittore. Come riesci a conciliare queste due professioni così difficili (ciascuna per i propri motivi) al giorno d'oggi?

Grazie del benvenuto. Ti faccio subito i miei complimenti per questa domanda. In realtà io mi sento insegnante a tutti gli effetti. La scrittura è una passione e vorrei che rimanesse tale, perché dipendere economicamente da quest’ultima significherebbe entrare in un meccanismo che rischierebbe di sottoporre la creatività ad una logica commerciale che la potrebbe insabbiare.  Forse è più un’idea che un’effettiva possibilità, ma preferirei non scoprirlo. D’altronde per concludere questo libro ho impiegato circa dieci anni: un tempo poco adatto ai ritmi del mercato editoriale.  Inoltre, per me, scrivere è una necessità: è la maniera più valida per cercare di conoscere e calmare i miei demoni, le mie paure e per questo continuerò a farlo. È una forma di auto guarigione consapevole. In più, credo che le storie abbiano la forza per migliorare il mondo: una comunità curiosa, pronta all’ascolto,  alla condivisione orizzontale di racconti è  una collettività più autentica, forte, libera.
Insegnare, invece, è una sorta di ‘missione’ laica: provare a fornire strumenti con i quali aiutare i giovani a trovare la via per esprimere tutte le loro potenzialità, idee, pensieri in un’ottica di sperimentazione, coinvolgimento, partecipazione. Certo la scuola è sempre più abbandonata a se stessa, chiusa in una logica analitica, burocratica, omologante, ma quando un alunno o un’alunna si desta dal torpore e si illumina per un secondo, seguendo una frase, un discorso, un ragionamento tutta l’amarezza scompare, come per incanto. Poi, molti spunti,suggerimenti, tracce per scrivere mi arrivano dalle ore passate in classe, dalla lettura dei temi, dalla quotidiana frequentazione dell’aula. Per concludere, le due attività sono connesse, ma l’insegnamento precede e indirizza la scrittura.


Il tuo libro, ma ancor più il tuo stile di scrittura, è incisivo, incalzante, tagliente. Quali sono gli autori che ti hanno maggiormente influenzato?

Ti ringrazio per questa valutazione. Credo che il mio modo di scrivere sia molto debitore al cinema e ai fumetti che sono due continue fonti di ispirazione. Per questo molti, leggendo il libro, mi hanno detto che avevano la sensazione di vedere quello che leggevano. Cerco sempre di stare molto attento al ritmo del racconto anche perché sono prima di tutto un lettore e soltanto dopo uno scrittore, o meglio un ‘falegname della parola’ come mi sembra più corretto definirmi. Tra i miei punti di riferimento, il primo è sicuramente Fabrizio De André, il Poeta, che è  citato nel testo, visto che alcune frasi delle sue canzoni fanno da introduzione ad ognuna delle tre parti del racconto. Da lui ho imparato quanto sia importante e necessario comprendere le ragioni degli altri, assumere il punto di vista degli ‘Ultimi’, se non si vuole cadere nell’errore del pregiudizio, dello stereotipo, dell’arroganza. 
Da un punto di vista più letterario, leggo sempre qualche pagina di Italo Calvino prima di provare a buttare giù qualche idea e rivolgo un pensiero a Dostoevskij, per provare ad essere aiutato dal suo spirito. Inoltre, ho una fascinazione profonda per Tondelli e il suo stile così coinvolgente e dinamico. Ultimamente, mi sono innamorato di uno scrittore americano contemporaneo, capace di stravolgere la forma stessa della narrativa: David Foster Wallace.  Un Genio! 


Tre personaggi. Tre storie. Tre diversi modi di rapportarsi con la società. Quando si scrivono storie del genere si fa spesso riferimento a ciò che accade nella realtà. Sono stati i fatti di cronaca la tua principale fonte di documentazione e ispirazione o c'è dell'altro?

Sì, questo è  un libro di formazione, di critica sociale, di avventura. È nato dall’osservazione della realtà ed in particolare dalla constatazione della crescita di episodi di violenza che caratterizzano lo sviluppo dei rapporti, da quelli familiari,  o di coppia a quelli in scala più ampia, come i condomini, le scuole; insomma dalle difficoltà di relazione tra gli individui. Ho cercato di raccontare come e dove può nascere la rabbia,  quali sono le motivazioni del malessere che spesso sfocia nella violenza distruttiva o naufraga nell’ isolamento, nella fuga. Ho provato anche a delineare un possibile percorso di riscatto, di trasformazione, che si sviluppa fuori dalle logiche del dominio e del potere che caratterizzano il nostro tempo


Parlaci in breve del tuo libro: a chi lo consiglieresti e perché?

È una storia che, spero, possa risultare avvincente, interessante, coinvolgente; che possa aiutare a conoscere realtà che sono lontane dai riflettori, un’ umanità dolente, ma capace di provare ad emanciparsi. Penso che sia adatto a tutti coloro, dagli adolescenti agli adulti, che abbiano la disponibilità e la curiosità a voler andare oltre le facili interpretazioni, superficiali che spesso ci vengono proposte, al di là dei luoghi comuni, per provare a scoprire qualcosa in più sugli altri e quindi su se stessi.


Il prossimo 18 febbraio presenterai il tuo libro a Napoli. Hai già avuto modo di tenere altre presentazioni del romanzo? Quali sono le maggiori gratificazioni che ti ha regalato la scrittura?

Ho fatto tantissime presentazioni: sette nella mia città,  due a Pisa, una a Milano e ora andrò a Napoli. Devo ringraziare anche la casa editrice ‘Edizioni Creativa’ per il supporto e l’attenzione con le quali mi ha aiutato in questa opera di diffusione. Il sostegno ricevuto è stato importante per cercare contatti, organizzare incontri, stimolare discussioni. È molto importante avere un editore che crede nel tuo lavoro, ti segue e ti consiglia: questo ti dà una spinta ad andare avanti in un mondo, quello della distribuzione e della promozione, che è stritolato dai grandi marchi e dai soliti nomi. Non è  facile trovare spazi che accettano di ospitare esordienti o nomi sconosciuti e trovare persone pronte a scommettere su libri che sono fuori dai circuiti ufficiali. Per questo ti ringrazio, perché iniziative come la tua sono preziose per creare un pubblico di lettori più consapevole, attento, curioso. 
Durante le presentazioni, ho ricevuto molto: da persone che stimolate dalla lettura mi hanno raccontato episodi intensi della propria vita, a domande che mi hanno permesso di mettere ancora più a fuoco il mio modo di lavorare, a interpretazioni ancora più profonde del testo rispetto al momento in cui l’ho scritto. Per me sono fondamentali l’incontro e lo scambio con gli altri, la condivisione di idee, riflessioni, domande, pensieri. I libri sono detonatore di emozioni, sensazioni, dialoghi. È questa la loro forza rivoluzionaria.


Il drago, il custode, lo straniero
Come scrivi? Ascoltando musica o in religioso silenzio? Su un taccuino o direttamente al pc? Insomma, quali sono le tue abitudini di scrittura?

Quando inizio a scrivere, lo faccio in silenzio, da solo. Generalmente traccio alcuni appunti sul quaderno, ma poi vado diretto al computer. Non scrivo con costanza: vado a periodi, ma il lavoro più lungo è quello successivo alla prima stesura: cambio, corrego,  rivedo, riparto, sistemo. Fino a quando non mi sembra che il tutto sia scorrevole e che la storia mi dia l’impressione di essersi scritta da sola. Non ho mai il finale in mente. A grandi linee c’è già, fin dal principio, l’ ossatura del racconto, ma manca sempre la conclusione. Poi, quando sono oltre la metà, è come se i personaggi mi suggerissero come andare avanti e la parte finale la delineano loro: faccio solo da tramite. Insomma,  è difficile da spiegare razionalmente, ma è così che avviene. Se non accadesse, significherebbe che c’è qualcosa che non va e che devo limare qualcosa nella parte precedente. Beh, così funziona per me.


Tra le altre cose, hai svolto la funzione di giudice letterario per due edizioni al concorso “Europa Express”, realizzato dalla fondazione Eni Mattei. Ci puoi parlare di questa esperienza? Come ti poni quando hai di fronte l'opera di un autore emergente da valutare?

È stata un’ esperienza molto significativa per me. Venni contattato dall’organizzazione dopo che uno dei curatori del concorso  aveva letto il mio primo romanzo ‘Una curva improbabile’ e  pensò che potessi essere adatto a individuare, tra i racconti,  quelli più validi, proprio da un punto di vista della fluidità del racconto, del ritmo della scrittura. Non potrò mai ringraziarlo a sufficienza: ho avuto la possibilità di leggere molti testi e di conoscere come scrivono persone giovani,  visto che gli autori dovevano avere un’età compresa tra i 18 e i 35 anni. È stato interessante e utile per me: mi concentravo su ciò che mi sembrava fosse in grado di emozionarmi, come lettore, di stimolarmi nelle domande, nelle riflessioni e che avesse uno stile accattivante. Non ritenevo così importante la correttezza formale, ma la capacità di coinvolgimento suscitata dalla lettura. Poi, dopo due edizioni, decisi di interrompere la collaborazione: i racconti erano veramente tanti e non ero sicuro di poter continuare a leggerli tutti nel tempo previsto con la necessaria attenzione.


Alla luce di quanto appena detto, hai dei consigli da rivolgere a chi si sta avvicinando a questo mondo?

Beh, è difficile. Secondo il mio modesto punto di vista, chi vuole provare a scrivere dovrebbe essere un lettore accanito, quasi compulsivo. In secondo luogo, dovrebbe sempre leggere molte volte ciò che mette sulla pagina, anche ad alta voce, per vedere se il ritmo di scrittura funziona. Inoltre, dovrebbe cercare di essere poco innamorato di quello che crea, perché la storia, il racconto sono più importanti di alcune frasi,  magari valide stilisticamente,  ma non utili allo sviluppo delle azioni, degli avvenimenti. Insomma,  occorre essere in grado di osservare il proprio lavoro con una dose di distacco e da una giusta distanza: se si è troppo coinvolti, si rischia di appesantire il discorso. 


Altri progetti in cantiere? Puoi svelarci qualcosa in anteprima?

Sì, qualcosa bolle in pentola. Sto raccogliendo alcuni scritti che avevo realizzato in questi ultimi due, tre anni, creando una cornice adatta a contenerli.  Sono piccole storie, frammenti, tracce uniti da un percorso comune: quello della descrizione delle piccole nevrosi quotidiane e di quelle rare epifanie,  illuminazioni che, qualche volta,  trasformano l’esistenza in un dolce sogno. Poi c’è un abbozzo di terzo romanzo,  ancora poco definito, con personaggi già abbastanza delineati, ma non del tutto chiari. Dovrebbe essere una storia ambientata nel presente, un cammino di trasformazione di un temperamento apparentemente soddisfatto, ma che subisce una serie di cambiamenti che lo portano a trasformare il proprio carattere e la sua visione del mondo. Spero di metterci meno tempo a finirlo rispetto si dieci anni complessivi che mi sono serviti per questo…Davvero!  


Grazie per essere stato con noi!
In bocca al lupo!

Crepi. Grazie a voi per la qualità dei vostri quesiti. Attraverso le vostre domande ho avuto la possibilità di riflettere a fondo su alcuni aspetti del mio lavoro, con un’attenzione che, probabilmente, non sarei mai stato in grado di avere. È stato molto prezioso, per me. Un saluto a tutti e complimenti per il vostro lavoro. Evviva!

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